da Alessandro De Gaetano
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L' affare del petrolio: scontro Arabia Saudita - Iran

Alla fine, l'esito del vertice di Doha, dove si sono riuniti 16 ministri del petrolio presso l’hotel Sheraton in Qatar, è stato deciso da un paese che neanche c'era. La decisione dell'Iran, alla vigilia della riunione, di non partecipare era già un segnale che le cose non sarebbero andate tanto bene, ma il bello doveva ancora venire. Infatti, il giorno del summit, l'Arabia Saudita ha sbalordito quasi tutti insistendo sul fatto che ogni membro dell'OPEC, compreso l'Iran, doveva necessariamente sottoscrivere l'accordo per bloccare la produzione di petrolio. Questa inaspettata evoluzione ha portato il meeting a trascinarsi fino alla sera, quando inizialmente era stato programmato per terminare con una conferenza stampa nel primo pomeriggio.Si sono dati dieci ore in più rispetto ai tempi previsti, ma la maratona negoziale di Doha non è servita a nulla: l'accordo per congelare la produzione di petrolio non è stato raggiunto.

L’onere di annunciare tale risultato ad un folto gruppo di giornalisti, giunti da ogni parte del mondo ed affamati di notizie, è toccato al ministro “padrone di casa” del Qatar, Mohammed Al Sada."La partecipazione di tutti i membri dell'OPEC avrebbe sicuramente aiutato a raggiungere un accordo", ha detto, promettendo ulteriori consultazioni prima del successivo meeting di giugno.L'accordo sul congelamento della produzione del petrolio, da 15 anni la prima vera azione coordinata dei produttori OPEC e non OPEC discusso nel mese di febbraio, è caduto vittima delle tensioni tra l'Arabia Saudita e il suo principale rivale regionale, un rapporto esacerbato da “conflitti per procura” dalla Siria allo Yemen.

 

Il controllo acquisito

 

Mohammed bin Salman, il giovane vice principe ereditario saudita che ha preso le redini delle politiche economiche del maggior produttore petrolifero, aveva avvertito pubblicamente, per ben due volte, che nessun accordo sarebbe stato possibile senza la partecipazione dell'Iran. A sua volta, l'Iran insisteva sul suo diritto di aumentare la produzione di greggio al livello concesso prima che divenisse oggetto di sanzioni internazionali.

L'Iran non aveva alcuna intenzione di sanzionarsi volontariamente, ha detto il vice ministro del petrolio.

Secondo una persona vicina ai vari personaggi coinvolti, il governo di Teheran avrebbe deciso che non c'era nessun motivo di presentarsi a Doha il Venerdì, dopo che i funzionari del Qatar hanno contattato i rappresentanti dell'Iran riferendo che avrebbero dovuto partecipare al meeting solo i paesi che intendevano acconsentire all’accordo del congelamento.

Non essendo in grado di soddisfare tale condizione, l'Iran ha interpretato l’accaduto come un ritiro dell'invito da parte del Qatar e quindi ha deciso di non prendere parte all’incontro.

Anche con queste premesse, comunque, i ministri si sono riuniti il Sabato sera in un mood decisamente positivo: non c'era alcuna indicazione che l’Arabia Saudita avrebbe avuto alcun problema con la decisione di mantenere la produzione ai livelli di gennaio, secondo uno dei partecipanti. Il ministro dell'energia russo Alexander Novak, che aveva parlato al suo omologo saudita per telefono all'inizio della settimana, ha detto ai giornalisti che era "ottimista" per quanto riguarda il raggiungimento di un accordo.

 

Da passeggiata a maratona

 

I problemi sono iniziati la mattina di Domenica.

Il saudita Ali al-Naimi, un ottantenne che è stato in carica per più di 20 anni, ha insistito al fine di includere nell’accordo la condizione sine qua non della partecipazione dell'Iran al summit, hanno riferito i partecipanti.

L'inizio della riunione è quindi stato ritardato di diverse ore, mentre i funzionari cercavano di concordare ed adattare il testo dell’accordo.

"Le discussioni sono a buon punto tra i sauditi, russi e paesi del Golfo," tralasciando la faccenda dell'Iran, Wilson Pastor, governatore dell'Ecuador a dell'OPEC, ha detto in un'intervista a Doha, prima dell'inizio dei colloqui formali. "L'accordo generale è a posto", ma ci sono stati alcuni disaccordi sul contenuto del testo, ha detto.

Anche dopo l’inizio del vero e proprio meeting, la contrattazione non si è fermata. Nella sfarzosissima sala da ballo dell'hotel, secondo una persona all'interno del locale, i ministri si sono riuniti intorno a un PC facendo a turno per cercare di individuare quella frase chiave che avrebbe messo tutti d’accordo.

 

Niente di fatto

 

Dopo ore di colloqui, i ministri non sono riusciti a mettersi d'accordo su un testo che soddisfacesse al-Naimi e, di conseguenza, la riunione si è sciolta senza un accordo, ore prima dell’apertura delle contrattazioni dei futures del greggio in Asia.

Con un “apparente” riferimento all’Arabia Saudita, il ministro russo Novak, ha espresso in una conferenza stampa dopo la fine del summit che alcuni paesi hanno cambiato la loro posizione poco prima dell’inizio della riunione, dopo aver mostrato l’esatto contrario per la precedente bozza.

"Pensavo che i paesi che si sono riuniti qui oggi, erano venuti per siglare un accordo e non per discutere circa la necessità della presenza di quei paesi che non partecipavano" ha detto. "Abbiamo discusso molto oggi, e questo perché alcuni paesi dall'OPEC hanno inavvertitamente cambiato le loro posizioni questa mattina".

La valutazione del greggio ha subito parecchi scossoni da febbraio, quando fu proposto per la prima volta l’accordo dello stop alla produzione, con il petrolio Brent che è lievitato fino ad un +45% da quel gennaio che segnò la valutazione più bassa in riferimento agli ultimi 12 anni. Dopo l’esito negativo del meeting, all’apertura dei mercati, il global benchmark ha perso più del 5%.

"In ultima analisi, la politica petrolifera saudita è diventata estremamente politicizzata", ha detto Amrita Sen, chief oil analyst alla Energy Aspects Ltd. "Probabilmente domani otterranno un sell-off di grandi proporzioni."

Comunque il mancato accordo non dovrebbe sortire effetti negativi sensibili sulle basi della domanda/offerta del petrolio, considerando che i produttori impegnati a siglare l’accordo, tra cui la Russia e l'Iraq, stanno già producendo a livelli record. Però tutto ciò, unito ad una situazione quasi in rovina, ha mandato un messaggio al mercato che ha il sapore di sentenza: siamo nuovamente nella situazione in cui ogni paese fa da sé.